The Menù: piccola perla da non perdere
- Emiliano
- 23 nov 2023
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 27 nov 2023
Come vi sentireste ad essere invitati in uno dei ristoranti più esclusivi al mondo? Sicuramente la maggior parte di voi si atteggerebbe in modo ipocrito a questa notizia, sfoggiandola con chiunque e andreste lì “solo” per vivere l’esperienza. Non vi biasimo, è quello che farei anche io, ma non dopo aver visto questo film.

Lo chef Julian Slowik (magnificamente interpretato da Ralph Fiennes) è specializzato in gastronomia molecolare, con l'obiettivo dichiarato di cercare la perfezione e lo scopo del film e del temerario regista Mark Mylod è quello di criticare, in modo molto esplicito, ma mai esagerato, la società odierna ritenuta “sbilanciata”.
La gastronomia si presenta come un mezzo, e il cibo, dalla sua ideazione alla realizzazione e infine all’impiattamento, costituisce un simbolo che riflette una diffusa degenerazione e decadenza dell’arte culinaria, lentamente divorata da una società capitalista, vorace e insaziabile. La cucina si basa sull’equilibrio degli elementi e lo chef, suo massimo esponente creativo, cerca di raggiungere, tramite la sua degustazione concettuale, un equilibrio perfetto che inevitabilmente non è ancora stato trovato.

Questo concetto viene ben riassunto nella frase: “Lei mangerà meno di quanto desideri e più di quanto meriti”. Ciò per far capire che tutti coloro che sono lì, VIP, attori, critici culinari, possono soltanto mangiare ma, come dice lo chef, non potranno mai davvero assaporarla come arte.
Ma allora chi è che può davvero assaporare l’arte culinaria? Forse la risposta possiamo trovarla nella domanda posta dallo chef alla giovane Margot:
Devo sapere dove farla sedere. Con noi o con loro? Tra di noi, persone
umili che hanno sacrificato la propria vita per soddisfare persone che non
potranno mai essere soddisfatte o con le persone che non desiderano
conoscere la parola sacrificio nel suo significato più assoluto? Lei vuole
morire con chi da o con chi toglie?

Le risposte a queste domande sono nascoste nelle modeste origini di Margot, l’ospite indesiderata, che non doveva trovarsi lì, che ha sofferto, ha affrontato la vita a testa alta facendo sacrifici e riscattandosi: quale miglior definizione per la parola umile? Ma ciò non basterà a Margot per sfuggire alla “degustazione concettuale”, poiché tradirà la fiducia dello
chef, ma si salverà facendo ritrovare allo chef il desiderio di cucinare, ormai perso da molto tempo, ordinando un semplice, classico e all’apparenza banale cheeseburger. Esso susciterà nello chef l’amore verso la cucina, ritroverà in questo il suo passato e le sue umili origini da cuoco di fast food, ma soprattutto, e qui giace il messaggio significativo del film, ritroverà la gioia di cucinare per qualcuno che possa realmente gustare il cibo, che sia di cucina gourmet, di cucina molecolare o semplicemente un cheeseburger con patatine fritte. La bellezza non si trova nell’eccesso e nella laboriosità, ma nella semplicità, che riesce a penetrare nei nostri cuori senza dover superare nessuna aspettativa.

Vorrei però evidenziare una criticità: l’eccessiva velocità delle scene. Essendo un film ricco di aspetti e narrazioni a sfondo morale, avrei puntato ad enfatizzare, in alcuni momenti, l’aspetto visivo, lasciando così allo spettatore qualche minuto per riflettere su ciò che è appena accaduto e stato detto.
Raccomando vivamente la visione di questa pellicola. Mylod crea un menù carico di significato per far vivere un’esperienza quasi teatrale, con eventi che creano tensioni nella trama.
The Menu lascia un segno indelebile nel bagaglio culturale e morale dello spettatore.
VOTO 4,5/5
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